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Cos’è la body neutrality: oltre la body positivity, per smettere di fare del corpo “un problema”

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E se il segreto non fosse voler bene al proprio corpo ma smettere di pensarci?

È un po’ questo, in sintesi, il concetto base della body neutrality, un nuovo approccio che sembra prendere sempre più piede nella conversazione globale sul corpo via social. E alla quale filosofe e life coach stanno prendendo parte. Perché, come affermano, il nocciolo della questione non è più accettarsi per forza, anche se non ci si sente a proprio agio,  ma nel caso lavorare il proprio corpo per sentirsi meglio.

Una nuova visione del corpo

Il concetto di body neutrality è nato nel 2015, sviluppato da Anne Poitier, life coach che negli ultimi anni lo sta portando in giro per il mondo attraverso i social: «La body positivity è ormai un grande movimento che ci invita ad amare i nostri corpi, ma non riesce comunque ad andare all’origine dell‘insoddisfazione dilgante», dice in un’intervista a The Cut.

«Per questo preferisco parlare di body neutrality, di neutralità del corpo: lo si considera solo per le sue funzioni, liberandosi completamente da considerazioni di tipo estetico come forma, taglia, misura, pelle ecc ad esso legato. È il salto di passaggio tra l’odiare se stessi e l’amare se stessi».

Anche la giornalista Autumn Whitefield-Madrano, autrice del libro Face Value: The Hidden Ways Beauty Shapes Women’s Lives, spiega bene il concetto di neutralità del rapporto col corpo quando dice: «I momenti in cui sono più felice sono quelli in cui non penso affatto al mio corpo!».

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Ma come si fa a non guardarsi secondo categorie estetiche?

Come allenare quindi, questo nuovo sguardo nei confronti di se stessi?

Per la life coach Anne Poitier, anziché dirsi “Amo il mio corpo” è preferibile concentrarsi su quello che il corpo fa per noi, come “Sono in grado di prendere in braccio mio figlio, di correre, fare attività, mi porta dove voglio”. E basta.

Si tratta quindi di spostare l’attenzione dal dover quasi per forza accettare in senso positivo il nostro corpo (e le relative oscillazioni di peso, dalle rotondità alla magrezza), per concentrarsi sulle cose positive che il corpo ci permette di fare, da una camminata in riva al mare fino al cibarsi del proprio piatto preferito.

Cosa cambia dalla body positivity?

Ma body positivity e body neutrality sono così diverse?

La filosofa Maura Gancitano ritiene che sia soprattutto una questione di termine più che di sostanza e che i due movimenti siano essenzialmente simili.

«Inizialmente la body positivity non era un movimento nato per spingerci ad accettare il nostro corpo ma per allentare la pressione sociale nei confronti di chi aveva corpi non conformi. Quindi in realtà parlava di qualcosa di molto affine alla body neutrality, ovvero il fatto che troppo spesso siamo spinte a fare body ceiling, a monitorare costantemente il modo in cui appare il nostro corpo, il peso e le sue variazioni, le paure rispetto a come appariamo».

Parlare ora di body neutralità «Credo sia più un’esigenza nata dal fatto che la body positivity sia ormai stata fatta propria dal marketing, e ha avuto così uno spostamento di significato».

Il suo dubbio a riguardo però è che in realtà «Non vorrei che parlando di neutralità si appiattisse il discorso: è logico che il corpo e la fisicità siano comunque molto importanti nel rapporto con se stessi, e non si dovrebbe negare un problema che c’è. Il fulcro è che la fisicità dell’altra persone esiste, ma il problema è solo il giudizio che si ha di esso».

Un concetto sostenuto anche da Eva Wiserman, editorialista del Guardian, che ha dedicato diversi articoli all’argomento. Come precisa la giornalista, infatti, la body positivity ha spinto ad accettare il proprio corpo “anche se” non è conforme alle idee sociali perché più grasso, più magro o meno tonico. Ma dietro a quel “anche se” si nasconde il vero problema che questa visione non ha mai preso in considerazione: il personale giudizio di ognuno e il doversi per forza accettare anche se non ci si piace. E senza, per altro, indagare sulle motivazioni del problema stesso: “Il movimento body positive celebra a prescindere e rende accettabile tutti i corpi che traboccano dalla cintura in giù, e guai a non farlo, fallisce nel chiarire le ragioni per cui così tante persone hanno rapporti violenti e amari col proprio fisico”. Per la body neutrality invece, spiega Wiserman, la vera libertà non è amare per forza il proprio corpo quando non piace o fa sentire a disagio, spingendo quindi ad accettarsi a tutti i costi; ma, viceversa, scegliere di lavorare su di esso per tornare a sentirsi meglio.

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